I 40 anni della BMW M GmbH
“Un’azienda è come un essere umano. Finché è sportiva, in ottima forma, ben addestrata, piena di entusiasmo e performante”. Queste erano le parole pronunciate nel lontano 1972 da Robert A. Lutz, Membro del Consiglio di Amministrazione di BMW AG per le Vendite. Erano le parole usate per battezzare la più giovane sussidiaria di BMW di allora, la BMW Motorsport GmbH. Oggi l’azienda si chiama BMW M GmbH, ma è in forma, ben addestrata, piena di entusiasmo e performante quanto lo era 40 anni fa.
I primi Anni Settanta videro l’inizio di una nuova epoca per BMW: un nuovo e giovane Consiglio di Amministrazione sotto la guida di Eberhard von Kuenheim si era proposto di rafforzare strategicamente l’azienda e di perseguire il suo duraturo successo. Questo implicò la costruzione di un nuovo headquarter – il leggendario edificio conosciuto come BMW Quattro Cilindri – nonché la costituzione di una propria Divisione Sportiva all’interno della stessa BMW. Citando ancora Robert A. Lutz: “Con lo sport che continua ad essere una forza motrice per BMW, anche se l’azienda si sviluppava dinamicamente nel mondo delle attività commerciali, è diventato ovvio a questo punto che dovremmo concentrare e consolidare le nostre attività nello sport motoristico”.
Infatti, la domanda e le opportunità non ancora sfruttate superavano di gran lunga i potenziali e le capacità dell’ex Reparto Sportivo. La BMW 1800 TI e la 2000 TI, nonché l’intera Serie 02, erano le auto da competizione più popolari e vincevano una gara dopo l’altra. Ma la stessa BMW era in grado di soddisfare soltanto una piccola parte della domanda globale, essendo la maggior parte delle automobili preparata, attrezzata e venduta da aziende specializzate. Dalla metà degli Anni Sessanta, BMW partecipava anche alla Formula 2 e, negli anni successivi, difficilmente una qualsiasi scuderia è stata in grado di partecipare a questa Formula con successo senza i potenti motori BMW. Innumerevoli vittorie e Campionati Europei conquistati da BMW dominavano la scena.
1972: Un team con grande esperienza di gare automobilistiche fonda BMW Motorsport GmbH
BMW Motorsport GmbH venne fondata il 1° maggio 1972 per affrontare queste sfide. Il General Manager di questo team di specialisti, originariamente composto da 35 dipendenti, era Jochen Neerpasch, ex pilota ufficiale Porsche e Direttore di Gara di Ford a Colonia prima di spostarsi a Monaco.
Egli attirò immediatamente un intero gruppo di piloti destinati a lasciare una loro impronta in BMW Motorsport per i successivi decenni: Chris Amon, Toine Hezemans, Hans-Joachim Stuck e Dieter Quester. Björn Waldegaard e Achim Warmbold vennero assunti dall’azienda come piloti da rally.
La nuova azienda fu in grado di trasferirsi in una propria sede soltanto dopo qualche mese, con le officine di preparazione e quelle della produzione dei motori, macchine utensili e dinamometri motori tutte installate nelle immediate vicinanze dello stabilimento BMW di Monaco in un sito di oltre 8 mila metri quadrati in Preussenstrasse. Fu qui che videro la luce le auto sportive per il 1973: una 2002 da 950 chili spinta da un motore due litri quattro cilindri e quattro valvole per le gare di rally, con una potenza massima di 240 CV, nonché un nuovo touring coupé descritto in un primo momento da Jochen Neerpasch con parole molto chiare: “Dal momento che il 1973 è stato il nostro anno di partenza, non ci aspettavamo di vincere subito quel Campionato Europeo”. La denominazione della nuova vettura fu 3.0 CSL. Le portiere e i cofani erano realizzati in alluminio, il cambio a cinque velocità presentava un alloggiamento in magnesio. Il peso complessivo era di 1.092 kg. Ma il vero punto di forza si trovava sotto il cofano, un sei cilindri in linea da 3.340 cc con 12 valvole, iniezione diretta di carburante ed un rapporto di compressione di 11:1. La potenza massima era di 360 CV. Questo fu l’ultimo motore a due valvole per cilindro realizzato da BMW per le gare.
La filosofia tradizionale di BMW: concentrarsi sull’essere umano
BMW Motorsport GmbH iniziò la stagione 1973 perfettamente preparata, non solo in termini tecnici. Anche i piloti erano in ottima forma, con Jochen Neerpasch che portò l’intera squadra di piloti ad una stagione di “messa a punto” a St. Moritz. Qui, in questo paradiso svizzero per sciatori, l’intero team ricevette il tocco finale da un istruttore sportivo e da uno psicologo dello sport. Anche allora, nei primissimi anni, BMW dava la massima importanza all’ottimizzazione dell’interfaccia uomo/macchina. All’epoca ci furono anche progetti per corsi simili da offrire ai “non professionisti”. Fin dal 1997, questi corsi sono stati chiamati BMW Driver Training.
Questa fu la squadra che BMW Motorsport GmbH portò in pista nella stagione 1973. E non fu soltanto la 3.0 CSL coupé a riempire i titoli dei giornali fin dall’inizio: per la prima volta, un team completo da competizione, dal veicolo che trasportava le vetture alla targhetta delle chiavi, sfoggiava lo stesso design.
Questo design era costituito da tre strisce di colore, blue, viola e rosso, su fondo bianco “brillante” che hanno caratterizzato l’aspetto di BMW Motorsport fino ad oggi.
Le coupé CSL con questi colori, presto riconosciute da tutti gli addetti dello sport motoristico, erano imbattibili. Hans-Joachim Stuck e Chris Amon portarono a casa il Touring Car Grand Prix al Nürburbring già alla loro prima uscita. BMW fu vincitrice assoluta della categoria turismo nella 24 Ore di Le Mans.
L’auto touring di maggiore successo della sua epoca: la BMW 3.0 CSL
La 3.0 CSL dream coupé, nella sua spettacolare livrea da gara, divenne di conseguenza la touring car di maggiore successo del momento, vincendo il Campionato Europeo sei volte tra il 1973 ed il 1979 e dominando la scena internazionale delle touring car per quasi un decennio. La BMW 3.0 CSL era pionieristica non soltanto per il suo design colorato, ma anche per tutta una serie di significative innovazioni tecniche: innanzitutto, dal 1973 era spinta dal primo motore BMW di sempre con sei cilindri e quattro valvole per cilindro. In secondo luogo, dal 1974 presentava un sistema prototipo di frenata antibloccaggio, molto prima che questa innovazione diventasse tecnologia standard sulla BMW Serie 7. E alla fine della sua carriera, con la configurazione di coupé turbo, la 3.0 CSL sviluppava una potenza massima che arrivava a 800 CV. Nel 1976, BMW Motorsport GmbH mandò in pista la più potente auto touring di BMW con Ronnie Peterson al volante; questa eccezionale versione della CSL montava un propulsore biturbo da 3,2 litri con una potenza volutamente ridotta a 750 CV.
La BMW Motorsport GmbH mantenne il suo processo di sviluppo, già collaudato, anche nella Formula 2: cinquanta motori BMW due litri quattro valvole andarono alla scuderia March, che poi vinse 11 delle 16 gare disputate. Nel 1973, Jean Pierre Jarier, a bordo di una monoposto spinta da un motore BMW, portò a casa il Campionato Europeo di Formula 2 al volante della sua March e questo motore dominò regolarmente per quasi dieci anni la categoria due litri, con Patrick Depailler (1974), Bruno Giacomelli (1978), Marc Surer (1979) e Corrado Fabi (1982) vincitori del titolo europeo con le loro monoposto BMW-March di Formula 2. Altri team furono altrettanto “elettrizzati” da questo due litri quattro cilindri costruito in oltre 500 esemplari, la gran parte dei quali sviluppava più di 300 CV.
Nel 1975, BMW Motorsport spostò l’attenzione sull’altra parte dell’Atlantico: ora l’azienda puntò alla Serie US IMSA, cercando al contempo di far conoscere la sigla “BMW” ad un mercato statunitense più vasto. Quando arrivò la fine dell’anno, il numero di cittadini statunitensi che conoscevano l’acronimo di BMW “Bavarian Motor Works” era cresciuto decisamente – e questo non rappresentò una sorpresa, poiché BMW vinse la categoria costruttori nel Campionato IMSA.
1976: la “scuola di piloti” diventa BMW Driver Training
Il 3 febbraio 1976, il Consiglio di Amministrazione di BMW decise di affidare a BMW Motorsport GmbH un altro compito: professionalizzare un’attività ancora conosciuta all’epoca come “scuola dei piloti”. Il compito originale affidato alla dirigenza dell’azienda era di organizzare 15 corsi all’anno con 20 partecipanti ciascuno presso le strutture di prova di BMW, nonché cinque ulteriori corsi con 100 partecipanti ciascuno su circuiti di gara – il tutto per un totale di 800 partecipanti all’anno. “Come azienda responsabile, per BMW nel suo insieme, di tutte le attività di sport motoristico, BMW Motorsport GmbH desidera aiutare il pilota durante la sua performance come parte del sistema uomo/macchina”. Questa era l’affermazione chiave nella prima pubblicazione del BMW Driver Training, affermazione che rimane valida a tutt’oggi.
Fin dall’inizio, una delle caratteristiche principali del BMW Driver Training era di fornire le vetture ai partecipanti; e questa filosofia non è cambiata fino ad oggi. Ciò significa che tutti i partecipanti hanno a disposizione le stesse vetture, in termini tecnici, e non devono preoccuparsi del consumo degli pneumatici e delle proprie autovetture. Per mettere in pratica questa filosofia, l’azienda costituì una sua piccola flotta di BMW 320i, all’epoca l’auto ideale per l’addestramento, vista la sua potenza massima di 125 CV. Tutte queste vetture presentavano sospensioni appositamente regolate, un differenziale a bloccaggio limitato con un’azione di blocco del 40 per cento, nonché un sedile avvolgente per il pilota. Quindi il primo “team” del BMW Drive Training era certamente ben preparato.
Il curriculum del BMW Driving Training era pronto per l’uso dopo i primi corsi di prova presso il Campo d’Aviazione Militare Manching vicino ad Ingolstadt, quando Rauno Aaltonen firmò ufficialmente come primo istruttore capo il 13 gennaio 1977. Infatti, Aaltonen sfruttò non soltanto la sua esperienza in pista, ma anche l’unico libro allora pubblicato sull’argomento: “Revolution at the Wheel” (“Rivoluzione al volante”) – un libro esclusivo che descriveva chiaramente il corso ed il suo curriculum e che andò esaurito nel corso di una notte. Fino ad oggi, il “finlandese volante” ha trasmesso le sue capacità uniche ai piloti BMW, anche se ormai da tempo egli si concentra maggiormente sulle tematiche della sicurezza.
Fanno presto la loro apparizione: la prima BMW stradale “extra-hot”
Verso la fine degli Anni Settanta, BMW Motorsport GmbH si concentrò quasi esclusivamente sulla costruzione di auto da corsa. La nuova BMW 320, entrata nel Gruppo 5, per esempio, continuò il grande successo della Serie 02. Molti clienti affezionati – non soltanto piloti di professione ma anche appassionati BMW nella vita di tutti i giorni – cercavano l’ M Power sulle strade normali ed è per questo che nacque la prima Serie 5 “hot” a partire dal 1974: la 530, la 533i e la 535i. Infatti, queste vetture erano superiori alle loro gemelle di serie, non soltanto in termini di motori, ma anche per la tecnologia utilizzata per le sospensioni e i freni, oggetto di attenzione particolare da parte degli ingegneri di BMW Motorsport GmbH. Berline “regolari”, quasi “normali” a prima vista, divennero quindi le prime quattro posti ad alte prestazioni a rivoluzionare il mondo delle auto sportive, grazie alla loro tecnologia sofisticata. Inizialmente, queste vetture vennero costruite e vendute soltanto in piccole quantità; ma presto la filosofia legata alle prestazioni divenne sempre più popolare. Alla fine del 1980, erano state vendute 895 unità derivate dalla prima Serie 5.
La grande rivoluzione nel mondo delle auto sportive nel 1978: la BMW M1
Il progetto successivo era orientato alla produzione della prima auto da competizione costruita da Motorsport GmbH e non derivata da un modello di serie: la BMW M1. Mentre BMW costruiva le componenti tecniche, la Lamborghini era incaricata di fornire la carrozzeria ed il telaio. Tuttavia, i problemi finanziari di Lamborghini portarono a ritardi notevoli. Infine, venne realizzata una nuova filiera produttiva e la costruzione della BMW M1 diventò qualcosa simile ad un puzzle. Il telaio veniva realizzato da Marchesi, la scocca in plastica rinforzata con fibra di vetro era realizzata dalla T.I.R, entrambe aziende con sede a Modena. La società ItalDesign di Giorgio Giugiaro le assemblava e provvedeva alla loro finitura interna. Le vetture venivano quindi trasportate a Stoccarda, dove la Baur installava tutte le componenti meccaniche.
Jochen Neerpasch, Managing Director di Motorsport GmbH, si unì a Bernie Ecclestone e a Max Mosley per creare la Serie ProCar come gara d’apertura nella maggiore parte dei Gran Premi europei di Formula 1 durante la stagione 1979/80.
Poiché il requisito minimo di produzione per l’omologazione nel Gruppo 4 della FIA era di 400 unità, la bassissima M1 a motore centrale alta appena 1,14 metri venne costruita anche come modello stradale. La prima vettura con la famosa lettera “M” fece il suo debutto sul mercato. Il prezzo della M1 da 277 CV era, nel 1978, di 100 mila marchi; ma la domanda superò di gran lunga l’offerta. Quando, dopo un anno, furono completate 130 vetture, c’erano ancora più di 300 ordinazioni in attesa. Fin dall’inizio, la M1 era l’auto sportiva stradale più veloce costruita in Germania, secondo le rilevazioni di un’importante rivista automobilistica: in una prova condotta nel 1979, l’M1 raggiunse una velocità massima di 264,7 km/h. “Si deve soltanto cambiare dalla quarta alla quinta a 213 km/h e quindi accelerare a fondo per raggiungere la massima velocità”, a giudizio dei collaudatori. Molti clienti apprezzarono tutto ciò, come fece anche il successivo campione mondiale di Formula 1 Alan Jones.
Eppure questo era poco rispetto alla versione da corsa: sviluppando 470 CV, la versione ProCar aveva una velocità massima di ben oltre 300 km/h. Fu su una di queste vetture che Niki Lauda, già due volte vincitore del Campionato di Formula 1, fece la sua grande apparizione nel 1979, vincendo tre delle otto gare M1 ProCar e finendo secondo in un’altra occasione. Negli USA, le M1del Red Lobster Team divennero presto autentiche automobili culto, eliminando tutti gli avversari nella classe IMSA GTO.
Motivata dal grandissimo successo dell’M1 e dalla sua grande immagine, la Motorsport GmbH decise di costruire un altro modello: partendo dalla Serie 5 normale, gli ingegneri svilupparono e costruirono l’M535i nel 1980, mutuando il sei cilindri due valvole dalla 645CSi. Con la potenza di 218 CV, questa Serie 5 divenne subito la regina della corsia di sorpasso.
La svolta in Formula 1 nel 1980: BMW crea il motore turbo per il Campionato Mondiale
Jochen Neerpasch lasciò la Motorsport GmbH nel 1980, sostituito da Dieter Stappert che prese il posto di Direttore del Reparto Corse. Paul Rosche, a sua volta, che era stato responsabile dei motori da gara BMW fin dal 1969, fu nominato Direttore Tecnico. Fu proprio Paul Rosche che divenne il protagonista quando BMW decise, nei primi Anni Ottanta, di dimostrare il suo potenziale anche ai vertici dell’automobilismo sportivo: nell’aprile 1980, BMW annunciò ufficialmente il suo ingresso nella Formula 1, dando agli ingegneri della Motorsport GmbH il via per lo sviluppo del primo motore BMW di Formula 1. Partendo da un quattro cilindri di soli 1.500 cc di derivazione di serie, il team di specialisti con il “mago” dei motori Paul Rosche creò un propulsore di Formula 1 dalla potenza incredibile di 800 CV. Il segreto che si celava sotto queste prestazioni era costituito dall’abbinamento della tecnologia a 16 valvole con un turbocompressore, concepito per la prima volta per la Formula 1 dalla Digital Motor Electronics.
La prima auto di prova fu messa in pista dopo soltanto un anno e nel 1982 Brabham partecipò al primo Gran Premio con un motore BMW. Fin dall’inizio, questo propulsore turbocompresso dimostrò la sua supremazia in pista, con il trionfo più grande che avvenne nel 1983: soltanto 630 giorni dopo il debutto del motore BMW di Formula 1, il pilota brasiliano Nelson Piquet vinse il Campionato Mondiale al volante di una Brabham BMW. Fino al 1987, con questa fantastica vettura, BMW vinse un totale di 9 Gran Premi.
I motori turbo BMW M non furono destinati soltanto al team Brabham. Anche la Arrows utilizzò motori M dal 1984 al 1986, così come l’ATS nel 1983/84 e la Ligier nel 1987. Nel 1986, Gerhard Berger vinse la gara in Messico con un’auto Benetton, realizzando l’ultimo trionfo di questo motore turbocompresso. Un anno più tardi, “Road and Track”, rivista americana dell’automobile, dimostrò le splendide performance della Benetton B 186 con Teo Fabi al volante: spinta da 900 cavalli, la monoposto di Fabi accelerò a 100 km/h in esattamente 4,8 secondi. Paul Rosche era fiducioso che questo quattro cilindri sarebbe stato capace di sviluppare in pratica molta più potenza: “sarà stata circa di 1.400 CV, ma non conosciamo la cifra esatta dato che il dinamometro del motore non poteva misurare oltre i 1.280 CV”.
Nel 1983 un altro importante evento avvenne quasi in sordina: la BMW Motorsport GmbH assunse ulteriori funzioni e responsabilità quando fu trasformata in un’azienda orientata alle performance. Di conseguenza, il numero di dipendenti della sussidiaria di grande successo della BMW fu ora portato a 380; ulteriori importanti responsabilità come organizzazione di sport motoristici, amministrazione e officine furono aggiunte allo sviluppo, al design e alle avanzate prove di prodotto BMW. Ciò portò alla realizzazione di singoli centri di sviluppo per tecnologie di motori e di sospensioni per dare impulso a queste attività. Inoltre, nel suo rapporto con i clienti, la Motorsport GmbH stava già offrendo da tempo molto più che una sofisticata tecnologia “soltanto” automobilistica e la vendita di accessori, tanto più che il desiderio crescente di clienti esigenti per auto costruite su misura e personalizzate già incideva su una quota significativa delle vendite.
Il sei cilindri BMW M1 montato anche su auto di serie: la M5 e la M635CSi
Nel 1984, la Motorsport GmbH colpì ancora, specialmente tutti gli appassionati di auto sportive ad alte prestazioni: il sei cilindri in linea con quattro valvole dagli alti regimi originariamente presente sulla M1 fece la sua apparizione sulla M635CSi Coupé e sull’M5. L’M5 in particolare, costruita in Preussenstrasse, divenne presto una leggenda nel mondo dei motori: l’M5 era un vero “lupo vestito da pecora”, con una potenza di 286 CV che superava per quasi tre volte quella della 518i. Mentre a prima vista l’M5 poteva difficilmente essere distinguibile dalla sua gemella di serie, la sua velocità massima di 245 km/h sorprendeva molti guidatori di grandi berline e di auto sportive quando l’M5 li lasciava al palo, nonostante tutti i loro sforzi di tenere il suo passo. Nacque così il termine “Executive Express”.
1986: Il debutto dell’M3, la touring car di maggiore successo di sempre
Dopo aver completato le sue attività nella Formula 1, la Motorsport GmbH concentrò tutte le sue energie sulle gare per auto touring. Nel 1986 ciò portò alla nascita della BMW M3, una berlina sportiva compatta a due porte che rappresentava il primo sviluppo parallelo della BMW nella produzione in serie e nello sport motoristico: la versione stradale, che richiedeva una produzione di almeno 5 mila unità nel giro di un anno per l’omologazione come auto turismo, era fin dall’inizio concepita per le gare e allestita in tutti i sensi per rispettare i regolamenti del Gruppo A. Poiché gli impianti in Preussenstrasse non erano in grado di gestire l’enormità dei compiti richiesti, la Motorsport GmbH si trasferì nella sua seconda sede di Garching, un sobborgo di Monaco, nel 1986.
Il risultato fu un grande successo per BMW sotto ogni punto di vista. Fin dall’inizio, l’auto da corsa di colore bianco brillante nella livrea BMW Motorsport portò a casa, in rapida successione, vittorie, trofei e titoli: nel 1987, il pilota italiano Roberto Ravaglia vinse il Campionato Mondiale Touring Car al volante di una BMW M3.
Sviluppando una potenza massima di 195 CV con il suo motore quattro cilindri e 16 valvole, con convertitore catalitico di serie, questa berlina dalle alte prestazioni divenne da quel momento il benchmark nel mondo dello sport motoristico.
Nei successivi cinque anni, l’M3 fu leader incontrastata sulla scena internazionale delle auto touring, portando a casa due Campionati Europei Touring Car, la vittoria nel Campionato Tedesco Touring Car (DTM) per due volte, nonché un gran numero di altri eventi e campionati internazionali, diventando così l’auto touring di maggiore successo.
L’M3 ebbe altrettanto successo come auto stradale per i clienti, raggiungendo un volume di vendite che nessuno si sarebbe aspettato: le vendite della prima BMW M3 raggiunsero più di 17.970 unità, compresi 600 modelli M3 Sportevolution da 2,5 litri, nonché 763 M3 cabrio costruite a mano. L’M3 dimostrò anche che le prestazioni sportive e le esigenze della protezione ambientale non sarebbero state necessariamente in contraddizione fra loro, in quanto l’M3 offriva uno standard di economia di consumi senza eguali, considerando la sua potenza e le sue prestazioni.
Un nuovo mercato: anche la seconda M5 concepita come touring car
Nel 1988 l’M5 entrò nella seconda generazione, con un motore sei cilindri originariamente da 3,6 litri e successivamente da 3,8 litri, con la potenza che aumentava prima a 315 e poi a 340 CV. Un altro cambiamento era costituito dal fatto che i motori non portavano più la sigla “M” nel loro codice interno di produzione, ma piuttosto una “S” che, da allora in poi, stava a significare l’origine dei propulsori BMW Motorsport GmbH. Il cliente era in grado di determinare subito la differenza, poiché le lettere “BMW” venivano ora sostituite con “M Power” sul coperchio delle valvole, proprio come sull’M3 quattro cilindri. La M5 veniva inizialmente introdotta come berlina e poi, all’inizio del 1992, come touring, per creare una sintesi unica di auto sportiva purosangue e veicolo sofisticato da trasporto.
Quando la successiva Serie 3 era pronta per fare il suo debutto nel 1990, Motorsport GmbH stava lavorando alla nuova BMW M3, che fu lanciata sul mercato nel 1992. La nuova vettura non era più dotata di spoiler vistosi e di passaruote allargati come quella che l’aveva preceduta. Piuttosto, la nuova M3, seguendo la tendenza del momento, presentava un look più discreto ed era riconoscibile per gli intenditori soltanto grazie a dettagli specifici, uno dei quali, naturalmente, era costituito dal rombo inconfondibile generato dal motore sei cilindri quattro valvole da tre litri che sviluppava la potenza massima di 286 CV. Questo M3 sei cilindri era anche il primo motore di BMW con fasatura variabile delle valvole VANOS, un sistema regolabile all’infinito che varia l’albero a camme di aspirazione a seconda della richiesta. Questo sistema, brevettato dalla BMW M, aumenta la coppia soprattutto a regimi di motore bassi e medi.
Un’altra caratteristica particolare di questa vettura, vista per la prima volta, era costituita dall’introduzione di un sistema di gestione del motore sviluppato da BMW con una capacità di 20 milioni di istruzioni al secondo.
L’Auto del Secolo: la seconda generazione della BMW M3
Sia i clienti sia i media hanno amato questa M3 fin dalla sua nascita. Le ordinazioni arrivarono immediatamente in gran numero ed i primi titoli e premi erano solo dietro l’angolo. I lettori di “Sport Auto”, la rivista tedesca dei motori la nominò la più agile delle BMW Serie 3, “Auto dell’Anno” non meno di due volte di seguito. In Francia, “Auto Plus”, dopo un confronto con altri modelli di fascia alta, scelse la M3 addirittura come “Auto del Secolo”. E subito dopo essere stata lanciata negli Stati Uniti, i Responsabili di “Automobile Magazine” conferirono all’M3 il premio come “Auto dell’Anno”, la prima volta in assoluto che questo premio veniva dato a un’auto di importazione.
Questa volta, furono comprese nella pianificazione, fin dall’inizio, sia una cabrio sia una berlina più orientata al comfort. Con una potenza massima di 295 CV, la M3 GT, prodotta in una piccola serie speciale, fece schizzare in alto il benchmark delle prestazioni. Tra il 1992 ed il 1996, la Motorsport GmbH costruì più di 85 Serie 3 quattro porte da corsa basate su questa M3, che, con Johnny Cecotto al volante, vinse il Campionato ADAC GT nel 1993 e fu poi lanciata alla conquista del mercato statunitense per le auto sportive. Quindi non fu una sorpresa che in seguito la PTG M3 da 400 CV vinse il titolo IMSA nel 1996.
L’acquirente veramente esigente era in grado di avere la sua M3, proprio come qualsiasi altra BMW, costruita secondo i suoi desideri personali, poiché la BMW Individual era già stata costituita dalla Motorsport GmbH nel 1992, a completamento delle attività esistenti dell’azienda. Interessando l’intera gamma di modelli BMW, questa azienda specializzata soddisfa i desideri e le preferenze di personalizzazione dei clienti, superando di gran lunga la gamma degli optional esistenti. La domanda è particolarmente sostenuta per verniciature insolite o per equipaggiamenti interni speciali, oltre ad elementi singolari e a sistemi elettronici di comunicazione professionali. Nel costituire la BMW Individual, la Motorsport GmbH ancora una volta diventò pioniera del mercato, aprendo anche le porte ad uno stile più personale nel mondo dell’automobile; si potrebbe dire come standard massimo di orientamento al cliente.
Con questa nuova linea di attività che si sviluppava e si espandeva a ritmi sostenuti, l’azienda si trovava a doversi adeguare ancora una volta: ci voleva un nuovo nome che coprisse l’intera gamma di attività, dato che un cliente che volesse avere personalizzata la propria vettura dalla BMW Individual o che volesse partecipare al BMW Driver Training, non avrebbe trovato ciò che cercava sotto il nome esistente “Motorsport GmbH”. Allora, cosa era meglio della leggendaria lettera “M”, definita all’interno dell’azienda come “la lettera più potente del mondo”? Quindi, a partire dal 1° agosto 1993, l’ex Motorsport GmbH si sarebbe chiamata BMW M GmbH.
Nel 1995, la più venduta BMW M3 fu potenziata ulteriormente, grazie ad un processo di evoluzione ad ampio raggio. Questa potenza extra – 321 CV con motore 3,2 litri, più di 100 CV per litro – stabilì un nuovo benchmark per la concorrenza e fu anche accompagnata da un ulteriore aumento della coppia. Fu utilizzata per la prima volta anche la fasatura variabile Double VANOS, il sistema avanzato con fasatura variabile degli alberi a camme di aspirazione e di scarico. Un altro elemento nuovo era costituito dal cambio manuale a sei velocità di serie per trasferire la potenza alle ruote posteriori.
Una conquista di valore mondiale nella tecnologia delle trasmissioni: SMG
Per quanto riguarda le trasmissioni, la BMW M GmbH divenne il primo costruttore automobilistico al mondo ad introdurre il Cambio Sequenziale M (SMG), offrendo questa esclusiva tecnologia sull’M3. Basato sul cambio convenzionale M3, l’SMG attiva elettroidraulicamente la frizione quando si cambiano le marce. Quindi, da ora in poi, il guidatore dell’M3 non deve più premere sul pedale della frizione ma è in grado di cambiare le marce istantaneamente semplicemente tirando o spingendo la leva del cambio su e giù di un livello. Mentre alcuni guidatori erano un pochino scettici all’inizio, nei confronti di questa nuova tecnologia, l’SMG sfondò subito sul mercato; e quasi ogni altra BMW M3 era dotata di questo tipo di cambio prima della fine della produzione.
Sempre nel 1995, un altro motore con M Power segnò un eccezionale trionfo: si trattava del grande sei litri 12 cilindri basato sul propulsore della 750i che portò la McLaren sportiva coperta alla vittoria nella 24 Ore di Le Mans. La tecnologia quattro valvole per cilindro, un albero motore in titanio ed una frizione in alluminio, conferivano al V12 la potenza massima di oltre 600 CV. Ancora una volta si trattava di un motore progettato e costruito da Paul Rosche che creò, insieme al direttore della McLaren Gordon Murray, la F1 come la più avanzata auto sportiva stradale.
Qualche anno dopo, nel 1999, la BMW festeggiò il suo più grande successo con questo propulsore, quando il BMW V12 portò a casa la vittoria assoluta nella leggendaria 24 Ore di Le Mans.
Ormai, tuttavia, il motore non era più un prodotto della M GmbH. La BMW Motorsport Ltd fu costituita nel Regno Unito verso la fine del 1995, assumendo tutte le attività motoristiche di BMW. Da allora, la M GmbH si è concentrata sui tre settori: BMW M Cars, BMW Individual e BMW Driver Training.
Le gemelle muscolose: La M Roadster e la M Coupé
La successiva auto sportiva che sfoggiò quella simbolica “M” sul cofano posteriore entrò poco dopo sul mercato nel 1997: la M roadster, quale massima espressione di guida in ogni senso, era più di una combinazione entusiasmante fra la Z3 roadster e il motore da 321 CV dell’M3. Questo perché, all’epoca, questa esclusiva automobile era anche la punta di diamante dello schieramento BMW roadster. L’M coupé che seguì poco dopo la roadster era un’auto sportiva purosangue dagli standard più elevati, anch’essa dotata del motore M3 e basata sulla M roadster, ma con un proprio carattere. Infatti, l’M coupé unisce una superiore agilità e prestazioni dinamiche di guida in una carrozzeria che offre non soltanto il piacere di guidare, ma anche vantaggi pratici nell’utilizzo quotidiano. Due sacche da golf, per esempio, trovano posto facilmente nel bagagliaio posteriore.
1998: L’M5 con il suo motore 8 cilindri da 400 CV
Nel 1998, gli ingegneri della BMW M GmbH introdussero la terza generazione della BMW M5, aprendo una dimensione completamente nuova in termini di dinamiche di guida in questo settore del mercato. Naturalmente, la discrezione era ancora una volta all’ordine del giorno nella creazione di questo modello dalle alte prestazioni al top della gamma della Serie 5. E’ proprio per questo motivo che soltanto un intenditore è in grado di riconoscere la nuova M5 dall’esterno, puntando l’occhio sulla fascia anteriore ridisegnata con l’ampia presa d’aria, sulle larghe ruote in lega leggera e sui quattro terminali di scarico già presenti sulla M Roadster e sulla M Coupé.
Per la prima volta, il cuore dell’M5 è un 8 cilindri totalmente nuovo che offre il massimo in termini di potenza e di coppia: la potenza massima è di circa 300 kW (400 CV) e la coppia massima è di circa 500 Nm. Come il modello precedente, la nuova M5 presenta sempre un cambio manuale ultra preciso e fluido a sei velocità.
2000: L’arrivo della terza generazione M3 con un nuovo entusiasmante design
Nel corso degli anni, gli ingegneri della BMW M hanno stabilito gli standard non solo nella tecnologia dei motori, ma anche dei telai e delle sospensioni; per esempio, nella terza generazione dell’M3. Quando debuttò nel 2000, l’M3 presentava i freni in materiali compositi, con dischi flottanti che univano i vantaggi di una migliore dissipazione del calore e di una maggiore durata rispetto ai sistemi tradizionali. Questa nuova BMW M3 offriva qualcosa di più sotto ogni punto di vista: più potenza, più prestazioni, più stile esclusivo. Parlando semplicemente di fatti e di cifre, ciò significava 343 CV, 365 Nm ed accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,2 secondi. Inoltre, al contrario del modello precedente, la nuova M3, ancora una volta, esprimeva ancora meglio le sue eccezionali performance e qualità di guida, grazie ad un design veramente avvincente. Niente era cambiato per quanto riguardava la capacità dell’M3 di affrontare le situazioni stradali di ogni giorno. Rimaneva un’automobile ad alte prestazioni che continuava ad emergere come prima della classe, grazie alla combinazione di caratteristiche eccezionali.
Un anno dopo, l’M3 dismise la sua veste stradale e indossò una tuta da corsa. L’M3 GTR si allineò sulla griglia di partenza dell’American Le Mans Series con, per la prima volta, un motore quattro litri ad otto cilindri sotto il cofano. L’auto da corsa con le caratteristiche prese d’aria sul cofano e con il potente spoiler posteriore si dimostrò superiore sulle piste degli Stati Uniti e vinse il Campionato nella Classe GT – un premio appropriato per festeggiare il 30° anniversario della M GmbH nel 2002.
2003: la resurrezione della CSL
Festeggiamenti in tipico stile BMW: con lo sviluppo di un’auto molto speciale, l’M3 CSL. Le tre lettere stavano a significare “Coupé Sportivo Leggero” e questo, in pratica, diceva tutto. Il tetto, la console centrale e i pannelli delle portiere erano realizzati in plastica rinforzata con fibra di carbonio; il lunotto posteriore era più leggero e numerosi elementi nati per fornire maggior comfort venivano semplicemente eliminati. Mossa dal motore portato a 360 CV, la CSL era un’ auto dalle performance supreme nelle curve più strette che forniva una prova impressionante di questa sua capacità. Nei giri di prova, la vettura percorreva il North Loop del Nürburgring in 7 minuti e 50 secondi, tempo che era eccezionale per questa classe di auto. Nel 2003, la CSL veniva lanciata sul mercato e tutte le 1.383 unità prodotte furono vendute nel giro di pochi mesi.
Nel frattempo, l’M3 GTR veniva riposta nei garage, non potendo più competere, poiché i regolamenti statunitensi erano stati cambiati.
Tuttavia, la Serie 3 spinta da un motore otto cilindri era troppo giovane e competitiva per essere mandata in pensione. Fu modificata e preparata per gare di endurance sul circuito del Nürburgring. Il successo fu incredibile. Nel 2004, l’M3 GTR festeggiò una spettacolare vittoria, conquistando il primo e il secondo posto alla 24 Ore dell’Eifel – ripetendo l’exploit l’anno successivo.
2004: l’M5 e l’M6 con il dieci cilindri
Dall’inizio del nuovo millennio, non è passato un anno senza che una vettura M abbia fatto notizia. Nell’autunno del 2004, la nuova M5 si faceva sentire dopo che il modello precedente aveva superato la barriera delle 20.000 unità costruite. Quest’automobile, la più aristocratica fra le vetture della Serie 5, era la più potente mai realizzata: cinque litri di cilindrata, dieci cilindri, 507 CV di potenza, 520 Nm e regimi che superavano la barriera degli 8.000 giri. Questi dati mettevano in evidenza la separazione tra l’auto destinata all’uso stradale e quella per le gare in un modo che nessuno aveva mai visto prima.
Ancora una volta, le performance della quarta generazione dell’M5 stabilivano il benchmark nel segmento delle potenti berline sportive. La potenza era aumentata di oltre il 25 per cento, rispetto a quella precedente, ad otto cilindri; l’M5, infatti, superava la soglia magica dei 100 CV/litro. La sua potenza specifica era quindi al livello dello sport motoristico. L’interazione del motore V10 ed il cambio a sette velocità SMG permetteva prestazioni che superavano di gran lunga quelle di altre berline di serie. L’accelerazione da 0 a 100 km/ richiedeva appena 4,7 secondi e l’ago del tachimetro arrivava a 200 km/h dopo circa 15 secondi. In genere, la velocità era limitata elettronicamente a 250 km/h.
L’M6 seguì dopo pochi mesi con lo stesso motore. Il telaio poteva essere regolato per mezzo di un pulsante e, come l’M3 CSL, la grande coupé aveva un tetto realizzato in fibra di carbonio. Naturalmente, l’M6 poteva essere più veloce dei 250 km/h limitati dall’azienda. La BMW quindi offriva un incremento nella velocità massima accompagnato dall’addestramento dei guidatori su un circuito chiuso.
Nel 2006, la M GmbH allargò il suo portafoglio di prodotti, realizzando una nuova generazione di auto sportive con la nascita della BMW Z4. La Z4 M Roadster e la Z4 M Coupé erano dotate del formidabile sei cilindri da 343 CV derivato dall’M3 che spingeva le due posti fino a 250 km/h.
Una dozzina di auto da gara ufficiali vennero create sulla base della coupé. Esse erano spinte da un sei cilindri portato a 430 CV e, generalmente, battevano la concorrenza in pista. Undici delle sedici gare nel Campionato VLN Endurance di Nürburgring andarono alle Z4 Coupé nel 2009 e nel 2010. A partire dal 2010, il modello successivo fu chiamato Z4 GT3, una versione da gara dell’attuale Z4 Roadster con un motore otto cilindri 4,4 litri per gli amanti dello sport motoristico.
2007: la prima BMW M3 con otto cilindri
Dopo 15 anni, nel 2007, un nuovo motore montato sulla nuova generazione di M3 sostituì l’eccezionale sei cilindri in linea che aveva vinto per diverse volte il premio “Motore dell’Anno”. Per la prima volta, fu realizzato un motore otto cilindri per la coupé e per la berlina che venne lanciata poco dopo. Il nuovo motore V8 generava una potenza di 420 CV con una cilindrata di 3.999 cc. Circa l’85 per cento della coppia massima di 400 Nm era disponibile a un regime di 6.500 giri/min. La potenza fu trasferita alle ruote posteriori mediante un cambio manuale a sei velocità e ad un differenziale completamente nuovo sull’assale posteriore. Per la coupé, in particolare, gli ingegneri di design ancora una volta utilizzarono una struttura leggera. Le esperienze positive con altri modelli M portarono alla realizzazione del tetto in plastica rinforzata con fibra di carbonio e alla creazione del cofano motore in alluminio.
Tre decenni dopo l’inizio della produzione del primo modello di serie, la BMW M GmbH aveva consegnato, nel 2008, il 300.000° veicolo. Nel frattempo, il portafoglio veicoli della BMW M GmbH si era ampliato a nove modelli. Le automobili montavano motori che derivavano le loro caratteristiche esclusive dallo sviluppo degli alti regimi: sei cilindri in linea con 343 CV sulla BMW Z4 M Roadster e sulla BMW Z4 M Coupé; motori V10 con 507 CV sulla BMW M5 e sulla nuova BMW M5 Touring, nonché sulla BMW M6 Coupé e sulla BMW M6 Cabrio. La M GmbH ha anche fatto registrare una significativa crescita nella vendita di pacchetti sportivi, resi disponibili, nel frattempo, per i modelli della BMW Serie 1, della BMW Serie 3, della Serie 5 e della BMW Serie 6, nonché per la BMW X3 e per la BMW X5.
2009: Il turbo ritorna con i muscoli come propulsori del futuro
Ciò significava naturalmente che ora l’espansione stava davvero iniziando a decollare. Il carattere ad elevate prestazioni delle automobili prodotte dalla BMW M GmbH veniva trasferito innanzitutto sul segmento dei modelli BMW X, con la BMW X5 M e la BMW X6 M nel 2009. Lo sviluppo portava ad un nuovo motore V8 di eccezionali performance, le cui caratteristiche venivano concepite su misura per la natura dei due modelli. Il motore M da 555 CV con TwinPower Turbo era il primo propulsore del mondo a presentare un collettore di scarico che sormontava la fila dei cilindri ed una tecnologia Twin Scroll Twin Turbo. Il turbocompressore e i convertitori catalitici erano posizionati nello spazio a “V” tra le fila dei cilindri. Questa configurazione produceva la risposta spontanea tipica dei motori M e sviluppava una potenza lineare, permettendo inoltre un uniforme sviluppo della coppia.
Quello stesso anno, la BMW M GmbH sviluppava un’auto estremamente atletica basata sulla BMW M3 Coupé per clienti che avevano esigenze particolari per quanto riguardava le caratteristiche prestazionali dei propri veicoli. Il modello era anche adatto per le corse in gare sportive di club. La BMW M3 GTS veniva costruita negli stabilimenti di produzione della BMW M GmbH esclusivamente su richiesta dei clienti. Le modifiche orientate all’utilizzo sportivo comprendevano la tecnologia della trasmissione e del telaio, nonché la carrozzeria e gli interni. I princìpi di design ed i dettagli tecnici derivati direttamente dallo sport motoristico definivano il motore otto cilindri con una cilindrata portata a 4,4 litri ed una potenza aumentata a circa 450 CV.
Oggi: un’azienda molto focalizzata sulle performance elevate
Alla fine del 2010, la M GmbH ampliava di nuovo la sua gamma di prodotti, presentando la Serie 1 Coupé, un’auto da 340 CV nella classe compatta. Il sei cilindri in linea con M TwinPower Turbo ed iniezione diretta di benzina non doveva fare fatica con un veicolo così leggero e muscoloso; ovvio, visto il rapporto potenza/peso di appena 4,4 kg per CV. Pochi mesi più tardi, usciva la nuova M5, con un otto cilindri turbo di nuova concezione con 560 CV ed una velocità massima che arrivava a 305 km/h.
La M diventa diesel
Quarant’anni dopo aver gettato le fondamenta della M GmbH, gli esperti della guida sportiva hanno rivolto la loro attenzione ad un nuovo progetto: la BMW M Performance Automobile rappresenta l’ampliamento della gamma di modelli con una chiara focalizzazione sulle prestazioni atletiche e potenzialità su strada senza limiti, nonché su un’elevata efficienza. La nuova categoria di prodotti è stata lanciata con quattro modelli: la BMW M550d xDrive Berlina, la BMW M550d xDrive Touring, la BMW X5 M50d e la BMW X6 M50d. Il cuore di queste vetture è un nuovo sei cilindri in linea diesel sviluppato con tre turbocompressori e con una potenza di 381 CV e realizzato esclusivamente per le automobili BMW M Performance.
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fonte: BMW Press